Leader: si nasce o si diventa?
Sembra un po’ come la domanda: “è nato prima l’uovo o la gallina?”.
La domanda in effetti pone, al suo interno, diversi quesiti e dubbi.
E di conseguenza la risposta non è poi così immediata.
Insomma serve che ci riflettiamo insieme in questo articolo.
Per molti la leadership è considerata come un aspetto innato. Spesse volte si dice: “eh quello ci è nato così, aveva proprio lo spirito del leader, il fare da guida per gli altri è una cosa che ha nel dna, d’altronde fin da bambino è sempre stato un trascinatore.”
Insomma, allora se ci nasci bene, se no niente?
In realtà gli studi psicologici ci dicono che noi impariamo tutto nella vita, non ci sarebbe nulla (o quasi) di innato. Per l’esattezza impariamo fin da quando nasciamo e, probabilmente, l’apprendimento inizia già da quando siamo feti. La neurologia attuale indica che sono pochi gli aspetti che il nostro cervello possiede di “fabbrica”. Insomma a far parte del kit dell’essere umano ci sono alcuni aspetti istintivi profondi e per il resto tutto è imparato, fin dai primi attimi di vita.
Durante i primi sei anni di vita il cervello è proprio progettato per assimilare il più possibile. È in questa fase che il bambino o bambina formerà al suo interno le più importanti convinzioni al riguardo di se stesso e degli altri. E tra queste convinzioni potrebbe svilupparsi l’idea stessa di leadership, che potrà essere naturalmente applicata, fin dalle prime interazioni con i genitori, all’asilo o a scuola.
E la nostra piccola creatura da dove o da chi impara la leadership? Come ovvio che sia la impara da chi ha intorno a sé, e certamente la famiglia ha un ruolo decisivo.
E dopo i 6 anni cosa succede?
Succede che continuiamo ad imparare e questo processo flessibile (chiamato anche neuroplasticità) prosegue. Si allarga la cerchia delle persone con cui veniamo in contatto e l’influenza altrui ci porta a revisionare, o modificare, le convinzioni che possediamo. Quindi può succedere che una competenza strutturata come la leadership possa essere potenziata o, in alcuni casi, anche limitata.
Comunque fino ai 25 anni circa la neuroplasticità si mantiene alta e questo ci permette di continuare ad apprendere e far evolvere in modo rapido le nostre convinzioni; quindi la buona notizia è che se vogliamo diventare leader lo possiamo fare.
E dopo, cosa succede?
Succede che la plasticità neuronale rallenta e per continuare ad imparare, occorre mettere una maggiore volontà. Sì, quindi abbiamo sempre la possibilità di imparare e trasformarci, solo tutto questo avviene meno in automatico e serve che l’essere umano ci metta maggiore consapevolezza.
Quindi davanti alla domanda: “leader si nasce o si diventa?” la risposta è che lo diventiamo e, ad ogni snodo della vita, possiamo decidere se imparare nuove conoscenze utili oppure no.
Insomma quando dentro di noi pensiamo “è così che sono fatto” è perché abbiamo imparato qualcosa che ci ha spinto a dirlo, nel bene e nel male.
Eppure ad ogni momento della nostra vita possiamo decidere di re-imparare, andando a sovrascrivere qualcosa di noi, al fine di renderci più funzionali alla realtà che si vive.
E questo vale anche per la leadership.
Certo occorre precisare che cos’è la leadership o, se preferite, specificare cosa fa un leader.
Tutti noi abbiamo visto un leader in azione o lo siamo noi stessi, in uno o più ambiti di vita.
Il leader ha tante caratteristiche e la più nota è quella di essere una guida per gli altri.
Sì, il leader è una vera e propria bandiera che indica la direzione, in modo chiaro e deciso, al proprio gruppo.
Il leader è quel bambino che a 6 anni fa il capitano della propria squadretta di calcio e dice come giocare per vincere e il leader è anche l’amministratore delegato che chiarisce qual è la direzione aziendale e il programma per i prossimi tre anni.
Il leader ottiene consenso e per averlo dà in cambio coraggio e supporto a tutti.
Questo è un passaggio chiave molto importante.
Se vuoi indicare una direzione e ottenere consenso, prima devi aver diffuso emozioni che uniscono un gruppo, come il coraggio e il senso di appartenenza.
Quindi se qualcuno della tua squadra vive un periodo negativo, o di disagio, è fondamentale dare degli stimoli che lo riaccompagnino a prendere fiducia e a risentire coraggio per il domani. Questo significa supportare le proprie persone e ottenere quindi il consenso, che è la linfa vitale per mantenere la leadership.
Il leader agisce, difatti, anche e soprattutto sul piano motivazionale.
Cioè indica alle persone i possibili (e buoni) motivi per cui occorre agire. Spesso le persone perdono di vista i “perché” delle loro azioni, soprattutto nel medio e nel lungo periodo. Capita spesso sentir dire: “ho un po’ perso la motivazione.” Questo avviene a causa del fatto che ci concentriamo talmente sull’agire che capita di perdere contatto con i motivi che ci hanno dato la benzina per muoverci.
Ecco il leader, che ha il vantaggio di osservare le situazioni dall’esterno, ricorda o indica quali sono i motivi per cui si sta andando in una certa direzione, rinvigorendo quindi la forza con cui si agisce quotidianamente.
Anche questo è un aspetto vitale, sia per il leader che per il gruppo.
È come se il leader svolgesse la funzione di mantenere sempre vivi i “perché” della direzione intrapresa, permettendo quindi alle persone del gruppo di focalizzarsi di più sull’azione e aumentando perciò le probabilità di ottenere risultati.
Questo chiarisce il concetto che “le persone di un gruppo hanno bisogno di leadership”, proprio perché così possono concentrarsi di più sul fare.
Un ulteriore caratteristica del leader risiede nel suo comportamento. Diciamo che un leader fa da esempio ed è importante quindi che sia ben concentrato su come agisce.
Ad esempio, la squadra osserverà il leader durante la risoluzione di un problema o di un conflitto. Se il leader agisce in modo equilibrato, giusto ed efficace, tutto questo avrà degli effetti benefici. Uno perché l’esempio verrà seguito e le persone continueranno ad imparare come risolvere efficacemente i problemi. Due perché il leader agendo in modo efficace avrà aumentato il consenso, e questo continua ad incrementare la leadership.
Ricordiamoci che alle persone con leadership alta vengono più facilmente perdonati gli errori. Siamo tutti esseri umani che possono sbagliare e, incrementare la leadership quando possibile, ci mette in condizione di poterla mantenere anche in caso di errori.
All’inizio dell’articolo abbiamo detto che la leadership è una competenza strutturata. Questo significa che contiene al suo interno altre competenze come la gestione emotiva, la visione, il problem solving e anche attitudini come il coraggio e l’ottimismo.
Quindi potenziarsi in queste competenze significa dare sempre più forma alla propria leadership. In questo articolo lo abbiamo detto che leader soprattutto si diventa. Insomma, che tu abbia o meno del talento iniziale, ciò che ti fa ottenere i risultati preziosi è l’allenamento.
Pensa per un attimo al mondo del calcio e a quei calciatori che tirano sempre le punizioni all’incrocio, facendo magnifici goal. Ottengono questi notevoli risultati perché si allenano dalla mattina alla sera, in pratica imparano alla perfezione come tirare. All’inizio facevano tiri imprecisi sbagliando spesso, poi, di allenamento in allenamento, hanno capito come correggere gli errori, fino a tirare a comando segnando con una percentuale realizzativa molto alta. Insomma, all’inizio tanti errori, poi tanti goal, e in mezzo chiaramente molto sudore e sforzi.
Quindi, leader si nasce o si diventa?