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La Nuova UNI 11976: Uno Strumento per la Valutazione della Qualità dell’Aria Interna

La Nuova UNI 11976: Uno Strumento per la Valutazione della Qualità dell’Aria Interna

La norma di riferimento per misurare la qualità dell’aria negli ambienti interni

La norma UNI 11976, pubblicata ad aprile 2025, è un passo fondamentale verso una migliore gestione della qualità dell’aria negli ambienti interni in Italia. L’obiettivo principale di questa norma è fornire linee guida chiare e semplici per effettuare misurazioni affidabili e ripetibili della qualità dell’aria in ambienti come case, uffici e scuole. Una buona qualità dell’aria interna è essenziale per la salute e il benessere delle persone che trascorrono gran parte del loro tempo in questi spazi chiusi.

L’importanza di monitorare la qualità dell’aria interna non riguarda solo la salute, ma anche la gestione energetica degli edifici. Infatti, norme come la UNI EN 16798-1 e direttive europee recenti come la Direttiva Case Green (EPBD 2024) sottolineano il legame tra efficienza energetica e benessere degli occupanti.

Per sviluppare la norma, sono state prese in considerazione le indicazioni elaborate dal Gruppo di Studio Nazionale sull’Inquinamento Indoor dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), attraverso i Rapporti ISTISAN, e il documento CONTARP 2010. Inoltre, la norma include checklist specifiche per raccogliere informazioni dettagliate sugli edifici, sugli impianti e sulle attività di monitoraggio negli edifici scolastici. Queste checklist sono basate sui Rapporti ISTISAN 19/17 e 20/3, che consentono di raccogliere dati in modo sistematico e semplice, facilitando così ulteriormente la fase preliminare di valutazione della qualità dell’aria.

La UNI 11976 indica chiaramente quali strumenti utilizzare, quali inquinanti misurare e quali metodi applicare. Tra le principali sostanze monitorate vi sono gli inquinanti chimici come benzene, formaldeide, particolato PM10 e PM2.5, ma anche il radon e gli agenti biologici, come virus e allergeni. Una specifica attenzione è posta sull’anidride carbonica (CO2), che pur non essendo tossica, è un indicatore fondamentale del corretto ricambio d’aria negli ambienti.

Perché è importante effettuare queste misurazioni? La norma risponde chiaramente: garantire ambienti salubri per tutti, con particolare attenzione alle persone più vulnerabili, come allergici e asmatici, e verificare l’efficacia dei sistemi di ventilazione e condizionamento. Un monitoraggio accurato permette anche di intervenire rapidamente in presenza di problemi specifici segnalati dagli occupanti e di valutare gli effetti di eventuali interventi di manutenzione o ristrutturazione.

Per pianificare un piano di misurazione o monitoraggio efficace, è necessario disporre di informazioni dettagliate riguardanti l’edificio (età, materiali, involucro, destinazione d’uso, dimensioni, occupazione, tempi di occupazione, tipologia degli occupanti), gli impianti (ventilazione, idraulico, riscaldamento, climatizzazione), gli arredi, i protocolli di pulizia e manutenzione, le attività nell’intorno dell’edificio e le caratteristiche dell’ambiente esterno. Un sopralluogo preliminare, supportato dalla check list in Appendice C, è utile per individuare gli ambienti critici. La pianificazione deve avvenire in accordo con i responsabili della gestione degli ambienti, assicurando la corretta installazione e protezione della strumentazione. È fondamentale che le indagini si svolgano in condizioni di reale utilizzo dell’ambiente. La norma sottolinea che non esiste una strategia di monitoraggio unica per tutte le situazioni, ma ogni caso richiede un’attenta valutazione contestuale.

Il posizionamento della strumentazione (sonde, sensori) richiede una pianificazione attenta. I punti devono essere scelti in modo da evitare manomissioni e comunque a una distanza non inferiore a 1 metro dalla parete più vicina. L’altezza di posizionamento deve corrispondere all’altezza media delle prime vie respiratorie umane, circa 1,1 metri o 1,70 metri a seconda che gli occupanti siano prevalentemente seduti o in piedi, o circa 1 metro nelle scuole dell’infanzia e primarie. Le norme UNI EN ISO 16000-1 e alcuni Rapporti ISTISAN suggeriscono un’altezza di 1,5 metri per la testa di prelievo. È sconsigliato posizionare la strumentazione in punti soggetti a correnti d’aria, vicino a terminali impiantistici o fonti di calore che potrebbero falsare i risultati.

La durata minima del monitoraggio ai fini della valutazione della qualità dell’aria interna è di almeno 5 giorni continui di utilizzo dell’ambiente. Se non è possibile per questioni organizzative, l’attività va estesa fino al raggiungimento dei 5 giorni richiesti, tenendo conto dei tempi e profili di occupazione. Il monitoraggio deve essere effettuato almeno due volte l’anno, una nella stagione calda e una in quella fredda. Negli ambienti di lavoro e scolastici, generalmente occupati per poche ore al giorno, il monitoraggio dovrebbe essere frazionato, con rilevamenti durante e al di fuori delle ore di occupazione per valutare l’influenza antropica. Durante il monitoraggio è cruciale registrare tutte le situazioni che possono influenzare gli scambi d’aria.

Per gli inquinanti chimici, è inoltre utile misurare la concentrazione anche nell’aria esterna contemporaneamente al monitoraggio interno. Ciò permette se la provenienza di questi inquinanti si può ricercare nell’ambiente interno oppure è dovuto a fattori esterni. Il campionamento esterno va fatto in prossimità dell’ambiente interno, a non meno di 1 metro dalla parete esterna e a un’altezza paragonabile a quella del sensore interno. In presenza di ventilazione, una sonda va posta anche all’ingresso dell’aria esterna. La norma UNI 11976 dedica ampio spazio ai metodi di campionamento e analisi degli inquinanti, elencando strumenti semplici e affidabili come campionatori passivi, pompe per prelievo attivo e sistemi automatici. Per quanto riguarda i contaminanti biologici (virus, batteri, allergeni), suggerisce l’impiego di tecniche specifiche quali piastre a contatto, tamponi e sistemi di campionamento attivi, adattandosi alle tecnologie oggi disponibili.

Per i metodi di monitoraggio, la norma rimanda a diverse pubblicazioni di riferimento, incluse norme UNI, EN, ISO per inquinanti chimici, la legislazione vigente per il radon, e specifici Rapporti ISTISAN per virus, microrganismi e allergeni in assenza di norme standardizzate al momento della pubblicazione. La strumentazione impiegata deve essere sicura, idonea all’uso e conforme alle norme.

I risultati ottenuti da questi monitoraggi devono essere confrontati con valori limite specifici stabiliti da autorità nazionali e internazionali, come quelli dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Un rapporto finale, dettagliato e completo, dovrà raccogliere tutte le informazioni rilevanti e analizzare eventuali anomalie per pianificare interventi correttivi o preventivi.

L’applicazione della norma ha importanti risvolti economici e sociali. Ambienti con aria di qualità migliore favoriscono una maggiore produttività nei luoghi di lavoro e migliorano le prestazioni scolastiche degli studenti, riducendo inoltre i costi sanitari legati a malattie respiratorie e allergiche. L’attenzione verso l’aria interna può diventare anche un fattore competitivo per immobili e strutture ricettive, in grado di attrarre sempre più persone consapevoli dell’importanza della salute ambientale. In conclusione, la norma UNI 11976 rappresenta un vero progresso nella gestione della qualità dell’aria negli ambienti interni. Non è un semplice documento tecnico, ma uno strumento concreto per migliorare la salute e il benessere delle persone nella vita quotidiana. Applicare questa norma significa non solo rispettare regole e parametri, ma soprattutto scegliere consapevolmente di vivere e lavorare in ambienti più sani e sicuri. Investire nella qualità dell’aria è investire nella salute delle persone, e la UNI 11976 offre finalmente gli strumenti adeguati per farlo con chiarezza ed efficacia.